Trento, 28 aprile 2005
«DE GASPERI, IN TV UNA MANIPOLAZIONE»
Il deputato Boato: fiction bellissima,
ma il sostegno dello statista a Mussolini è stato oscurato
Intervista a Marco Boato
del Corriere del Trentino di giovedì 28 aprile 2005
Marco Boato parla con grande schiettezza. E lo mette in chiaro fin dalle prime battute: «La fiction su De Gasperi è un ottimo prodotto, coinvolgente ed emozionante soprattutto nella seconda parte. Ma c’è un gravissimo errore: viene completamente omesso il sostegno che lo statista trentino diede al primo governo Mussolini nel 1922. Questa è una manipolazione storica». Così il deputato dei Verdi commenta la pellicola di Liliana Cavani sulla quale esprime un giudizio «molto positivo perché ne esce un ritratto nel complesso fedele di De Gasperi» ma con alcuni rilievi critici non secondari come «l’iniziale sottovalutazione del fascismo che lo portò a votare per Mussolini nonostante l’opposizione totale di don Sturzo». Un’annotazione che lo stesso Boato aveva già sottolineato alla vigilia delle celebrazioni per il cinquantenario della scomparsa dello statista, nello scorso agosto. Anche in quell’occasione, le riletture storiche omisero questo passaggio politico nella carriera dell’esponente democristiano.
Onorevole Boato, cosa ne pensa della fiction degasperiana?
«E’ una ricostruzione sotto certi aspetti coinvolgente ed emozionante. Mi è piaciuta di più la seconda parte che ho trovato più efficace con una rivisitazione del dopoguerra tutto sommato convincente. Ci sono poi alcuni punti sul quale invece mi permetto di avanzare alcune critiche».
Prego.
«L’errore più grave è stato commesso nella fase che ricostruisce l’avvento del fascismo. C’è una vera e propria manipolazione della storia e della verità. E vero, come riportato nella fiction, che Sturzo si oppose duramente all’ascesa al potere di Mussolini ma è altrettanto vero, e questo viene completamente omesso, che De Gasperi votò la fiducia al primo governo Mussolini. Il Ppi si spaccò su queste due posizioni e furono in molti a seguire lo statista trentino. Addirittura i popolari avevano un membro nel governo, Giovanni Gronchi, futuro presidente della Repubblica, che ricopriva l’incarico di sottosegretario al lavoro. Fu un’ingenuità ed un errore di sottovalutazione del fascismo. Di tutta questa vicenda nel film resta solo un fugace passaggio in cui De Gasperi ammette: “Aveva ragione Sturzo».
Come spiega questa omissione?
«Non lo so ma le generazioni di ventenni, e a dire il vero anche di quarantenni, rischiano di farsi un’idea distorta di ciò che è accaduto. Questo lo dico da grande estimatore di De Gasperi: non è di certo quella ingenuità che sminuisce la qualità e i meriti dell’uomo. Se pensiamo che Benedetto Croce votò addirittura la fiducia a Mussolini dopo l’assassinio di Matteotti...».
Cosa ancora non l’ha convinta del la fiction di Liliana Cavani?
«Doveva essere messo più in rilievo quando la Dc scaricò De Gasperi. Dopo la sconfitta della legge maggioritaria (la cosiddetta “legge truffa” dal termine coniato dal comunista Giancarlo Pajetta) nel 1953 era un uomo finito. Il nostro è un Paese grande nei funerali ma nel film non si capisce che Amintore Fanfani, uno di quelli che aveva fatto fuori politicamente De Gasperi, fu anche fra quelli che contribuirono a far erigere la statua dello statista a piazza Venezia».
La scelta è stata però diversa enfatizzando i funerali e lasciando sullo sfondo la resa dei conti nella Dc.
«Sono assolutamente convinto che il crollo psicofisico di De Gasperi sia legato alla sua fine politica. Meritava di essere approfondito. Viceversa, nella ricostruzione delle vicende dell’immediato dopoguerra, è stato dato grande risalto alla rottura del governo di unità nazionale ma non si è sottolineato che il parlamento continuò a lavorare con spirito unitario alla costituzione».
Qual è la parte del film che l’ha convinta di più?
«Ho trovato bella e veritiera la sua opposizione all’ ‘operazione Sturzo’. Si batté contro l’accordo fra Dc e estrema destra: da quel momento il Vaticano gli chiuse tutte le porte. E’ una parte intensa e drammatica».
Qualcuno ha criticato l’eccessiva enfasi posta sulla vita familiare di De Gasperi che ha messo in secondo piano gli eventi politici.
«Non sono d’accordo. Una fiction è un prodotto che si rivolge ad un grande pubblico e non può trasformarsi in un documentario».
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